Oggi, 2 settembre 2012, a 165 anni dalla morte dei caduti reggini del Risorgimento, noi Repubblicani Italiani abbiamo voluto mettere a dimora l’albero della libertà”, in questa grande area verde di Piazza Castello, di fronte al Palazzo di Giustizia, perché non c’è giustizia senza libertà e non c’è libertà senza giustizia. Questa manifestazione riteniamo sia necessaria e attuale per un nuovo Risorgimento nel segno dei principi di libertà e democrazia.
Data memorabile
Nella storia il 1799 rappresenta una data memorabile, un anno in cui si verificarono eventi tragici e straordinari, una vera partecipazione popolare in un processo sociale che sconvolse fin dalla fondamenta le basi della monarchia napoletana. Un intero popolo si è rivoltato contro la tirannia del potere, alla ricerca della libertà, della democrazia, della costituzione, rincorrendo gli ideali rivoluzionari che viaggiavano al seguito delle truppe francesi. Un intero popolo innalzò i simboli della libertà: il tricolore e l'albero della libertà. L'albero della libertà racchiudeva questa speranza e l'utopia di un mondo nuovo. Fu introdotto dai sanculotti francesi nel 1790, su imitazione della pratica molto diffusa nelle colonie britanniche d’America. Un decreto del Direttorio Nazionale del 1792, il parlamento rivoluzionario, introdusse l'obbligo di piantare un albero della libertà. Era ed è il simbolo della conquistata libertà, un piccolo seme destinato a diventare un albero imponente. Nella Repubblica Partenopea come albero della libertà fu adottato l'olmo e in quasi tutti i paesi della Calabria fu messo a dimora l'albero della libertà come simbolo della libertà conquistata. La Repubblica Partenopea finì in un bagno di sangue e le migliori menti meridionali furono massacrate. Non si ebbero molti cambiamenti concreti poiché l'esperimento durò pochi mesi. La rivoluzione del 1799 coinvolse i migliori intellettuali e poeti, economisti e scrittori e costituisce un punto di rottura tra il vecchio mondo feudale e l'inizio dell'era moderna nel Sud.
Passato e futuro
L’olmo che oggi abbiamo voluto mettere a dimora vuole ricordare che questa comunità ha un passato da difendere e un futuro da ricostruire. L'olmo è un albero forte e longevo, che si salda con il terreno, si erge possente con la sua chioma maestosa. L’olmo è capace di allontanare la confusione, dà la forza di affrontare le situazioni difficili nei momenti di incertezza e di dubbio, aiutando gli indecisi a prendere decisioni difficili.
Con questo gesto simbolico, noi del Partito Repubblicano Italiano ricordiamo uno dei momenti più importanti del Risorgimento ma altresì vogliamo mettere in evidenza che ancora oggi è attuale ed è necessario piantare un “albero della libertà” per la mancanza di libertà oppressa dal potere della ‘ndrangheta.
Oggi la libertà a volte bisogna conquistarla perché non è semplice poter dire certe cose protette da uomini potenti, collusi, o da una cultura omertosa e soffocante che fa le prime vittime tra chi la subisce. Parlare di libertà è anche parlare di legalità che significa rispetto delle leggi e che in pratica vuol dire: porre alla base del proprio vivere una cultura della legalità; rispettare le istituzioni (ovvero conoscere e analizzare la funzione svolta dalle istituzioni); prevenire il disagio ed il malessere dei cittadini; crescere in armonia con se stessi; prevenire comportamenti irregolari; conoscere e rispettare gli altri; promuovere la solidarietà; rispettare l'ambiente, ovvero essere consapevoli che l'ambiente è un bene da salvaguardare e tutelare perché non esiste in quantità infinite; rispettare le diversità culturali delle persone. Per essere liberi è importante studiare per la crescita di se stessi. Il problema principale della nostra società calabrese che limita fortemente la libertà è quello della ‘ndrangheta. E’ bene ricordarlo: con esso si indica la “criminalità organizzata calabrese”, che si è sviluppata a partire da organizzazioni criminali operanti nel territorio della provincia di Reggio Calabria, dove oggi è fortemente radicata, e questo fenomeno negativo, ormai da tempo, non è solo calabrese perché è in forte espansione sul territorio nazionale, in Europa e nel mondo.
Libertà
Parlare di ‘ndrangheta: una libertà che va conquistata ogni giorno, con fatica; significa offrire a tutti la possibilità di vivere e di scegliere conoscendo i nomi, i fatti, le storie, i luoghi. Conquistare la libertà è compito di tutti, perché non tutto è ‘ndrangheta a Reggio Calabria. La realtà in cui viviamo è divisa in tre fasce sociali. La “fascia bianca”, composta da coloro che hanno un comportamento legale e vivono con dignità e coscienza. La “fascia nera”: coloro che vivono nell’illegalità. La terza fascia sociale (la più pericolosa) è la cosiddetta “zona grigia”, composta da coloro che sono pronti a commettere cose illecite e danno il sostegno alla ‘ndrangheta in diverse realtà pubbliche e private di significativa importanza. La “zona grigia” è "quella fascia sociale, attraverso cui gli ‘ndranghetisti presenziano il territorio, lo ascoltano, lo controllano, lo dirigono"; quella rappresentata da pseudo dirigenti politici, dirigenti delle varie professioni come medici, avvocati, commercialisti, bancari, ingegneri, dirigenti del settore economico privato e della pubblica amministrazione. La “zona grigia” è composta da cittadini che ne sono coscienti, consenzienti spontaneamente o vittime di ricatto o minacce, o addirittura inconsapevoli pedine soggiacenti al personaggio potente di turno. La “cultura della ‘ndrangheta” porta da sempre con sé l'ombra della mediocrità nelle prospettive, della perdita della dignità individuale e professionale, quel nauseante puzzo di compromesso morale che ammorba interi strati sociali, da quelli popolari a quelli delle persone del “ceto medio imprenditoriale”. La “cultura mafiosa” che oggi limita la libertà di ognuno di noi, impone il suo modo di vivere nelle piccole cose, dalla richiesta di un permesso di costruire, alla pretesa di un favore ingiusto, dall'accesso al credito nelle banche, ad ogni altra attività sociale od economica. Queste quotidiane attività sono occasione per imporre limiti, ostacoli, dinieghi, impedimenti ed è in questa fascia della società che annega la “zona grigia” del favoreggiamento con la cosiddetta “cultura della ‘ndrangheta. Immaginare che niente sia ‘ndrangheta è un’illusione pericolosa che per anni ha permesso agli ‘ndranghetisti e alla “zona grigia” di essere sempre più forti, sempre più irraggiungibili.
Per i suddetti motivi, oggi come durante la Rivoluzione francese, noi del Partito Repubblicano Italiano riteniamo sia necessario compiere questo gesto simbolico della messa a dimora di un “albero della libertà” per rompere la barriera omertosa che nega la libertà, che nasconde notizie, informazioni, nomi, che confonde i pensieri e mischia subdolamente la storia, la cultura, con la pseudo cultura mafiosa. Combattere questa negazione è un dovere di tutti.
Libertà con l’informazione libera e con la cultura: perché solo la parola e il sapere rendono liberi.
La vera libertà di un uomo è capire il senso del dono, è essere liberi di dare più che di prendere, e il dono maggiore è quello di avere la libertà di conoscere la verità.
La lotta alla ‘ndrangheta è il primo problema da risolvere e non deve essere solo un’opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, ricordando la storia di chi ha sacrificato la propria vita contro le tirannie violente del passato che sono identiche alla crudeltà attuale della ‘ndrangheta.
Riccardo Napolitano, Direzione Provinciale Pri